Intelligenza collettiva
Come la lezione della pandemia ha trasformato il nostro modo di intendere il lavoro.
Cosa abbiamo capito da questi mesi di grandi difficoltà e di futuro incerto per il nostro lavoro? Soprattutto una cosa, la sovrastimata e sempre decantata leadership non è più al primo posto.
Come evidenziano molto bene Cath Bishop e Margaret Heffernan in questo articolo sul Financial Times solo delle strutture organizzative altamente connesse, esattamente come un team sportivo impegnato in una difficile prova dove anche il talento individuale se inserito nel contesto della gara può fare la differenza, possono essere la reale risposta a momenti di grande complessità come quello che abbiamo passato ed ancora viviamo.
Abbiamo imparato che prendersi cura degli altri, avere uno stimolo, un proposito superiore, ha spinto la produttività delle organizzazioni a ritmi precedentemente impensabili.
La decentralizzazione del potere decisionale e il poco amato, soprattutto in Italia, principio di delega ci hanno mostrato una sorpresa: quello che prima avremmo pensato essere un grosso rischio ci ha evidenziato che in realtà le persone hanno chiaro cosa stiano facendo e di quanto sia limpido ed evidente il loro proposito.
Attività di varie dimensione e natura hanno in brevissimo tempo riconvertito la loro produzione, o parte di essa, allo sviluppo di sistemi di prevenzione e di cura della pandemia.
Le autrici ci riportano di alcuni esempi all’estero come la Ford Motor Company
che insieme al produttore STI hanno realizzato 17.000 ventilatori per la respirazione in pochi mesi o il sistema sanitario inglese (NHS England) che ha concentrato in pochissimo tempo una vasta e complessa gerarchia in un singolo organismo di risposta al virus.
Ma anche nella nostra realtà è avvenuto lo stesso: si pensi ad LMA srl – Aerospace Technology, società da sempre attiva nell sviluppo di tecnologie meccaniche per l’aerospazio, che in pochissime settimane ha realizzato Respira® un nuovo modello di mascherina trasparente (https://www.respira-lmasrl.com/) e MicroOne® un dispositivo innovativo per la decontaminazione degli ambienti, solo per portare un esempio.
Quello che risulta evidente da queste storie, dunque, è come un proposito chiaro e condiviso possa funzionare meglio del logoro sistema di management e di metriche connesse: il coinvolgimento attivo di tutta la struttura organizzativa nel processo decisionale permette ad ognuno di prendere decisioni più consapevoli ed alla fine più produttive. Certo ci piacerebbe pensarlo, ma non credo che possiamo aspettarci che in Italia si riproducano esempi come quello della Bank of England dove ogni livello della struttura è stato coinvolto nel processo di sviluppo della produttività interna e sicuramente ancora meno di quanto fatto da Capita che ha inserito un nuovo assunto all’interno del board per avere un prospettiva cross-generazionale. Ma qualcosa si può cominciare a fare e qualcuno, soprattutto le realtà più innovative e flessibili, ce lo ha dimostrato in questo difficile periodo.
Il processo di crescita della intelligenza collettiva, come la chiamano le autrici dell’articolo, passa prima di tutto attraverso la condivisione della missione, dell’obiettivo che deve necessariamente essere chiaro a tutti, come quando un allenatore descrive la propria visione di gioco alla squadra e di come ognuno con la propria individualità ed i propri talenti può realizzarla.
Più vasta è la partecipazione al processo decisionale e più velocemente si attueranno i cambiamenti, non è necessario vendere una trasformazione, anche profonda, a chi l’ha costruita e disegnata collettivamente.
di Carlo Cattero
Co-founder ULTRASPAZIO